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Che fine ha fatto il Buco dell’Ozono?

Introduzione

Se ricordate il Buco dell’Ozono, ricorderete anche che è stato la conseguenza di una delle più grandi crisi ambientali causate dall’essere umano. Allo stesso tempo, però, ha segnato un enorme successo per l’intera umanità. Ma com’è la situazione odierna?

Fonte immagine: Wikimedia Commons

L’ozono…

Chiamato anche “triossigeno” è un particolare gas blu dall’odore agliaceo, nonché forma allotropica dell’ossigeno (cioè una forma diversa dello stesso elemento: se infatti l’ossigeno si presenta con formula chimica O2, l’Ozono con “O3”).

Forma uno “strato” nell’atmosfera (in particolare a livello della stratosfera), che serve a filtrare una quantità enorme di radiazioni altrimenti letali per la vita sul nostro pianeta. Si può, infatti, affermare che è anche grazie a questo gas che è nata la vita sulla Terra.

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Lo strato di ozono assorbe la maggior parte delle radiazioni ultraviolette, soprattutto le UV-B e le UV-C, le più dannose.

…e il suo “buco”

A causa dell’inquinamento da parte dell’uomo, da metà del secolo scorso lo strato di ozono si è sempre più assottigliato, per via del fatto che l’atmosfera ha iniziato a trattenere alcune sostanze altamente inquinanti, come i gas clorofluorocarburi (sostanze che un tempo erano utilizzate come solventi e refrigeranti, ma anche come propellenti delle bombolette spray).

Questo assottigliamento, comunemente chiamato “Buco dell’Ozono” si è concentrato prevalentemente sui cieli dei Poli e in particolare del Polo Sud (per via delle basse temperature, che hanno facilitato la degradazione dell’ozono). Ovviamente, questo “buco” ha causato un aumento della quantità di radiazioni solari che riescono a superare l’atmosfera.

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Le conseguenze dell’aumento delle radiazioni solari non sono per niente positive. Possono addirittura generare dei tumori della pelle, e, in generale modificare le molecole del DNA e RNA degli organismi viventi. Per non parlare di tutti i problemi a livello ambientale, come il fatto che quelle radiazioni possono rallentare o impedire la fotosintesi clorofilliana.

Com’è la situazione odierna?

Sembrerebbe molto positiva: i duri sforzi internazionali stanno funzionando e la ferita sulla nostra stratosfera si sta rimarginando e cicatrizzando.

Questo è quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’ONU sullo strato dell’ozono (ogni 4 anni, infatti, le Nazioni Unite realizzano un’analisi per monitorare il buco).

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Ma chi dobbiamo ringraziare? In primo luogo il Protocollo di Montreal del 1987 che, ben 36 anni fa, ha messo al bando i cluorofluorocarburi (quelle sostanze che per prime danneggiano lo strato di ozono)

Il Protocollo di Montreal: un successo mondiale

Nel 1985 un gruppo di scienziati della British Antarctic Survey aveva reso pubbliche le problematiche legate all’assottigliamento dello strato di ozono. Da quel momento, 46 Stati iniziarono a contrattare per realizzare un accordo internazionale.

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Ma fu grazie all’impegno delle Nazioni Unite che il Protocollo di Montreal risultò essere il primo trattato ad essere votato all’unanimità: 197 Paesi membri dell’ONU su 197 vi hanno aderito.

Quando si chiuderà il Buco dell’Ozono

Gli scienziati, oggi, stimano che tra 20 anni, intorno al 2040 lo strato di ozono ritornerà ai livelli del 1980, quando fu scoperto. Sopra il Polo Sud (dove, come si diceva prima, è più sottile) bisognerà aspettare, invece, ben 40 anni: intorno al 2060 i cieli sopra l’Antartide saranno più sicuri.

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Cosa ci insegna il Protocollo di Montreal: e adesso?

Il grande successo della prossima chiusura del Buco dell’Ozono ci fa capire che l’umanità può (e deve) replicare il tutto anche per le emissioni di CO2 ed è pronta a farlo.

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Il problema è che da due secoli ogni aspetto della vita si basa sui combustibili fossili. Per questo, bloccare la produzione di anidride carbonica è una sfida difficilissima, ma è una missione da compiere per salvare il nostro pianeta, anche perché: non c’è nessun Planet B.

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